mercoledì 23 novembre 2011

La nota del mattino - Mercoledì 23 novembre 2011

1. MONTI OGGI RIFERISCE IN PARLAMENTO SULLA PRIMA VISITA IN EUROPA. DOMANI VEDE SARKOZY E MERKEL. VENERDI’ INCONTRA VAN ROMPUY. L’ITALIA TORNA TRA I GRANDI IN EUROPA. MA ADESSO COMINCIA LA LENTA E DIFFICILE RISALITA DELLA CHINA.
L’Italia è tornata in Europa. Il presidente del Consiglio, Mario Monti, ha preso contatto ieri con il presidente della Commissione, José Manuel Barroso, e con il presidente del Consiglio d’Europa (che raggruppa i capi di Stato e di governo) Herman Van Rompuy. Domani vedrà Sarkozy e Merkel. Venerdì incontrerà di nuovo a Roma Van Rompuy per presentare il pacchetto delle misure che l’Italia intende prendere. Ottima accoglienza. Rispetto. Fiducia. Ma i problemi non sono per questo diminuiti. L’Europa è in mezzo a una tempesta finanziaria a causa dei debiti sovrani. L’Italia è uno dei paesi con il debito pubblico più elevato e la crescita dell’economia meno rilevante. Mario Monti ha promesso rigore, sia pure nell’equità, e interventi a breve termine. Ma non ci saranno sconti. L’Europa aspetta che l’Italia faccia tutto ciò che ha promesso per raggiungere il pareggio di bilancio nel 2013. E segnala che le misure prese dal governo di Silvio Berlusconi il risultato non lo otterranno. E’ per questa incapacità di decidere misure all’altezza dei problemi e per il rischio morale che ha fatto correre all’Italia (non bisogna dimenticarlo neppure per un momento) che la destra ha dovuto fare un passo indietro.
La risalita della china sarà faticosa. La caduta di Berlusconi ha reso possibile la riscossa. Ma gli italiani sono solo ai primi passi di questo cammino nazionale, senza contare che la tempesta mondiale che sta coinvolgendo l’Europa (e gli Usa) non sarà semplice da superare senza iniziative politiche sovranazionali. Anche da questo punto di vista la visita di Monti è stata utile. Questa settimana si discute in Europa su come uscire dalle difficoltà, ma la Germania resiste a ogni proposta di impegno corale, nonostante cresca ogni giorno il numero degli economisti che ritiene indispensabile l’adozione degli eurobond per coprire i problemi dei paesi in difficoltà o un diverso statuto per mettere la Banca Centrale Europea in grado di muoversi come stanno facendo la Federal Reserve Usa o la Banca d’Inghilterra.

2. TRA POCHI GIORNI LA NUOVA MANOVRA. L’EREDITA’ LASCIATA DALLA DESTRA E’ DISASTROSA. LE SOMME INDICATE DAL GOVERNO BERLUSCONI ERANO FINTE. MANCANO 20 MILIARDI DELLA DELEGA SU ASSISTENZA E FISCO E MANCANO ANCHE LE ENTRATE DA EVASIONE FISCALE. RISULTATO: ALMENO 30 MILIARDI DI EURO IN DUE ANNI.
Tra la fine di questa settimana e l’inizio della prossima il governo italiano deve approvare il primo, fondamentale pacchetto delle misure per mettere in salvo il paese. L’obiettivo è di presentarsi alla riunione del Consiglio d’Europa prevista per il 9 dicembre con le carte in regola.
In pratica, si tratta, per quanto riguarda i conti pubblici, di trovare circa trenta miliardi di euro in due anni per consentire al bilancio di chiudere in pareggio come promesso dall’Italia all’Europa. I venti miliardi della delega fiscale assistenziale approvata dal governo Berlusconi sono tali infatti solo sulla carta e se non verranno sostituiti da altre misure faranno scattare una clausola di salvaguardia da macelleria sociale (questa sì prevista dal governo Berlusconi): il taglio di tutte le spese per l’assistenza e di tutte le agevolazioni fiscali, a cominciare da quelle per i figli a carico, per i lavoratori dipendenti e autonomi, per le spese per la scuola e così via. A questi venti miliardi bisognerà aggiungerne almeno altri dieci perché il governo Berlusconi ha previsto dieci miliardi di introiti dalla lotta all’evasione fiscale scritti anche questi solo sulla carta e perché la crescita economica sarà decisamente più bassa (se ci sarà) di quella prevista da Tremonti e di conseguenza più basse saranno anche le entrate fiscali relative all’attività economica. Trovare la giusta misura tra rigore ed equità non sarà semplice. Tanto più che il presidente Monti dovrà inserire in questo primo pacchetto anche alcune misure per sostenere la crescita, misure per le quali sarà necessario trovare altre risorse.

3. FIAT E FINMECCANICA. NON SOLO CONTRATTI E MAZZETTE. LA MANCANZA DI UNA VERA POLITICA INDUSTRIALE RISCHIA DI LASCIARE IL PAESE IN BRAGHE DI TELA.
L’amministratore delegato del gruppo Fiat, Sergio Marchionne, ha chiaramente scelto gli Usa e il Brasile e considera l’Italia una piattaforma industriale secondaria per la produzione di automobili. Al di là degli annunci sui temi del contratto, che hanno già fatto scattare l’allarme rosso nei rapporti sindacali, ciò che emerge è che non ci sono ancora certezze sul piano industriale da 20 miliardi di euro di investimenti che la Fiat ha promesso di realizzare in Italia. Il governo si trova appena fatti i primi passi a dover affrontare una vertenza durissima. Un altro caso drammatico riguarda la Finmeccanica, il secondo gruppo industriale e tecnologico del paese, travolto in queste ore da un’inchiesta su presunte mazzette ai partiti. Lo stesso presidente Monti ha annunciato che prenderà subito provvedimenti (l’azionista di riferimento di Finmeccanica è il ministero dell’Economia) ed ha chiesto alla magistratura di fare il suo lavoro fino in fondo, così come hanno fatto i politici chiamati in causa, a cominciare dal leader dell’Udc, Pier Ferdinando Casini. Ma anche in questo caso è chiaro che il governo si trova ad affrontare un problema di prima grandezza e che può avere ripercussioni sul futuro industriale del paese. Finmeccanica, al di là del problema mazzette, ha infatti anche non poche difficoltà relative ai debiti contratti per ottenere un rapido quanto imponente sviluppo con una serie di acquisizioni. Quel che emerge dai due casi messi insieme, Fiat e Finmeccanica, è l’emergere con drammatica chiarezza quanto pesi oggi sulla possibilità di rilanciare la crescita l’assoluta assenza di una politica industriale. Il governo della destra ha lasciato marcire tutti i problemi.
Da L’Unità. Articolo di Paolo Bonaretti. “Il governo Monti si trova ad affrontare con Finmeccanica il primo impegno di politica industriale, in condizioni e tempi drammatici. La vicenda giudiziaria che sta travolgendo il più grande gruppo manifatturiero italiano dopo la Fiat arriva al termine di un logoramento pesante, con il titolo che nell`ultimo anno ha perso due terzi del valore. È evidente che, al di là dell`accertamento delle responsabilità civili e penali, il quadro accusatorio così ampio e pesante nei confronti di gran parte del gruppo dirigente impone un passo indietro immediato del vertice aziendale, per tutelare la redibilità e la reputazione del gruppo a livello internazionale. Finmeccanica opera nei settori ad alta e altissima tecnologia, nell`aeronautico e aerospaziale, nei sistemi di difesa e nell`elettronica per la difesa e per i trasporti, nei sistemi di trasporto e nella componentistica degli impianti energetici, fattura oltre 18 miliardi e investe in ricerca e sviluppo 1`11% dei propri ricavi, cioè più della Fiat. Finmeccanica impegna peraltro moltissime professionalità di alta qualificazione (ingegneri, fisici, etc): non c`è uguale nelle altre imprese manifatturiere italiane. È un campione nazionale della nostra industria per la tecnologia, per la penetrazione sui mercati internazionali, per la qualità di questi mercati: sono mercati ad alto valore aggiunto nei quali la reputazione e la credibilità dell`azienda e del sistema Paese sono elemento centrale di competitività. È al tempo stesso lo snodo di una parte importante della politica industriale italiana: il settore aeronautico e aerospaziale ha visto crescere cluster di medie e piccole imprese ad alta tecnologia in tutte le regioni italiane e costituisce un importante settore di diversificazione (oltretutto anticiclico) per il settore della meccanica, della meccatronica e dei materiali avanzati; Finmeccanica è un punto di riferimento importante per queste imprese e può essere il traino dell`intera filiera sui mercati internazionali. Così sull`elettronica e i sistemi difesa. In questi settori i rapporti con i governi e tra i governi sono essenziali. In questi anni non solo la politica industriale in aree così strategiche, ma la stesso futuro industriale di Finmeccanica è stato fortemente penalizzato: si sono perse importanti partite di diplomazia economica con il Brasile, con il nord Africa e con gli stessi Stati Uniti, quasi un mercato domestico per il gruppo. La stessa cessione di un`importante quota di Ansaldo Energia è finita a Tremonti per far cassa e non invece per una ristrutturazione industriale del gruppo, e anche il recente acquisto di aerei militari Lockheed da parte del nostro ministero della Difesa non sembra aver avuto ricadute degne di nota sul sistema produttivo nazionale nel suo insieme (cosa più unica che rara nelle "regole" non scritte delle grandi forniture militari). La ventilata dismissione di Ansaldo-Breda, senza un qualsiasi quadro di politica industriale, si configura come un colpo mortale al settore del trasporto ferroviario, un comparto industriale strategico per la riorganizzazione del sistema dei trasporti di merci e persone e per l`intero sistema logistico europeo e nazionale: quasi 6 miliardi di investimenti previsti in Europa e 500 milioni in Italia. Prima che avvenga, ad opera della Alstom, l`ennesimo shopping d`Oltralpe nel nostro Paese in un settore dove abbiamo sempre avuto una buona posizione tecnologica, è necessario con urgenza verificare la fattibilità della realizzazione di un polo nazionale del trasporto ferroviario, attraverso la fusione e l`integrazione di Ansaldo-Breda e del gruppo Firema, attualmente in amministrazione controllata. Un quadro così complesso, in mercati sia interno che internazionali a forte domanda pubblica, non può però essere affrontato a pezzi. L`urgenza di un politica industriale che delinei un quadro di riferimento stabile e certo è stata sottolineata più volte. Che la responsabilità delle scelte appartenga allo stesso ministro responsabile delle Infrastrutture potrebbe essere un atout da spendere positivamente. Sarà certo molto difficile per il governo Monti, peraltro azionista di riferimento con golden share di Finmeccanica, impostare una strategia così impegnativa, se prima non si sgombra il campo dalla questione giudiziaria. Ci auguriamo che lo stesso amministratore delegato Giuseppe Orsi sia parte attiva nell`accelerare il ricambio al vertice e nell`avviare il necessario rilancio, così importante per il Paese. È infatti il momento di fare le cose difficili”.

4. L’ITALIA TORNA IN EUROPA ANCHE DAL PUNTO DI VISTA DELLA CIVILTA’. NAPOLITANO SOLLEVA IL PROBLEMA DEI FIGLI DI IMMIGRATI CHE NASCONO IN ITALIA. E IL PD CHE SOSTIENE DA TEMPO QUESTA BATTAGLIA RINGRAZIA IL PRESIDENTE.
Il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, ha risollevato ieri con forza e prestigio il tema della cittadinanza italiana per i figli degli immigrati che nascono in Italia. Grandissimo consenso ha suscitato il discorso del presidente. Finalmente l’Italia può tornare in Europa anche dal punto di vista della civiltà.
Il Partito democratico che di questo tema ha fatto un cavallo di battaglia (centrale in tutti gli interventi del segretario Pier Luigi Bersani nei discorsi pubblici, compresa la dichiarazione di voto sulla fiducia al governo Monti) ringrazia il presidente. Da qui a pensare che il problema sia risolto però ce ne corre. Non sarà affatto semplice far passare in Parlamento questa norma.