Intervento del Segretario provinciale Massimiliano Fontana.
L’attenzione del Paese è rivolta giustamente ad aggredire i nodi che impediscono, da troppo tempo, all’Italia di crescere. Penso naturalmente allo sforzo che si deve sviluppare per creare lavoro e, in particolare, per “riconnettere” le giovani generazioni con il futuro. Da questo punto di vista la relazione formazione-sapere-lavoro diventa ancora più stringente, se guardiamo a quanto fatto da altri Paesi su questo versante. Ecco, proprio la grande questione del sapere e della cultura rischia di essere una delle principali vittime collaterali della stagnazione economica e culturale che sta vivendo l’Italia, anche nel rapporto con le autonomie locali e lo sviluppo territoriale. Guardando a Mantova, questa preoccupazione rispetto ad un progressivo impoverimento appare ancora sottotraccia, eppure i segnali sono forti e agiscono nel profondo. Mi sembra utile ragionare attorno a tre esempi. Palazzo Te. Il centro internazionale di Palazzo Te rappresenta la più significativa espressione della nostra terra in relazione con il resto del mondo.
Eppure la situazione che si sta determinando, ampiamente riportata dalla cronaca locale, descrive una difficoltà progressiva nell’affrontare il deficit e nel programmare il futuro. Naturalmente le due questioni si tengono, anche rispetto alla possibilità di individuare soggetti e personalità in grado di svolgere una funzione di rilancio dell’intero centro. Personalmente ritengo questa questione centrale rispetto a come verremo “letti” dal resto del Paese. E’ un tema rilevante per i soci fondatori ma immagino non sia questione che possiamo derubricare a fascicolo di esclusiva competenza societaria. Palazzo Te, senza alcuna enfasi, appartiene al mondo. Ed anche in ragione delle problematiche strutturali che sta conoscendo il Palazzo, ritengo si possa dire che vi è l’urgenza di un ragionamento diffuso che vada oltre il perimetro del Comune capoluogo. Fondazione Università di Mantova. E’ nota la discussione che si è sviluppata in seguito alla scelta del Comune di Mantova di ridurre i fondi, come invece è sempre avvenuto nel corso del tempo. Così come è noto l’epilogo della nota firma da parte dell’ex-ministro Gelmini rispetto ai corsi universitari. Allo stesso tempo ricordiamo che la nostra sede si caratterizza, anche, per le risorse che provengono dai Comuni del territorio. Ora, la difficoltà crescente che stanno incontrando gli enti locali nella chiusura dei bilanci sta portando molti di questi a disattendere il contributo verso la fondazione. In termini complessivi, l’importo che viene a mancare può probabilmente non essere definito come “essenziale” per la vita della fondazione. Allo stesso tempo, è facile comprendere quali implicazioni queste scelte, sofferte e probabilmente inevitabili, portano con sé. E allora se le istituzioni faticano, come non osservare che questo punto della rete del sapere provinciale ci costringe ad un ripensamento e ad un agire come mai è stato fatto, dai tanti attori della provincia mantovana? Teatro Sociale. Si sta parlando di un altro “pezzo di comunità” che sta nel cuore del capoluogo e della provincia, sul quale è dunque utile ragionare, al di là del vincolo privatistico che lo governa. Lo testimonia la sua individuazione quale teatro di tradizione che obbliga ad un percorso di qualità nelle rappresentazioni ed un processo di ideazione costante. Quanto sta emergendo non sembra andare incontro a queste esigenze, non solo dovute in termini normativi ma anche da una storia che descrive un profilo di grande spessore col quale dobbiamo misurarci. Sono tre storie. Naturalmente ve ne sono altre, nel capoluogo e nel lungo giro della provincia mantovana, che probabilmente hanno meno voce ma comunque significato e tradizione. Sappiamo che vi sono anche storie con un lieto fine, frutto di una visione innovativa nella gestione di questo martoriato mondo, quale è quello della cultura e del sapere nel nostro Paese. Sono tre storie che raccontano di una storia più grande. Ecco perché, dentro a questa crisi che porta a stringere la cinghia e a fare economia, vi è anche questo rischio di impoverimento del sapere e dei centri della conoscenza che va affrontato con una forte capacità di innovazione, con passione e con un infinito sforzo di relazione, per ridare prospettiva a tante storie mantovane che varcano da tempo, per qualità e meriti, i confini della nostra provincia e del nostro Paese.
Eppure la situazione che si sta determinando, ampiamente riportata dalla cronaca locale, descrive una difficoltà progressiva nell’affrontare il deficit e nel programmare il futuro. Naturalmente le due questioni si tengono, anche rispetto alla possibilità di individuare soggetti e personalità in grado di svolgere una funzione di rilancio dell’intero centro. Personalmente ritengo questa questione centrale rispetto a come verremo “letti” dal resto del Paese. E’ un tema rilevante per i soci fondatori ma immagino non sia questione che possiamo derubricare a fascicolo di esclusiva competenza societaria. Palazzo Te, senza alcuna enfasi, appartiene al mondo. Ed anche in ragione delle problematiche strutturali che sta conoscendo il Palazzo, ritengo si possa dire che vi è l’urgenza di un ragionamento diffuso che vada oltre il perimetro del Comune capoluogo. Fondazione Università di Mantova. E’ nota la discussione che si è sviluppata in seguito alla scelta del Comune di Mantova di ridurre i fondi, come invece è sempre avvenuto nel corso del tempo. Così come è noto l’epilogo della nota firma da parte dell’ex-ministro Gelmini rispetto ai corsi universitari. Allo stesso tempo ricordiamo che la nostra sede si caratterizza, anche, per le risorse che provengono dai Comuni del territorio. Ora, la difficoltà crescente che stanno incontrando gli enti locali nella chiusura dei bilanci sta portando molti di questi a disattendere il contributo verso la fondazione. In termini complessivi, l’importo che viene a mancare può probabilmente non essere definito come “essenziale” per la vita della fondazione. Allo stesso tempo, è facile comprendere quali implicazioni queste scelte, sofferte e probabilmente inevitabili, portano con sé. E allora se le istituzioni faticano, come non osservare che questo punto della rete del sapere provinciale ci costringe ad un ripensamento e ad un agire come mai è stato fatto, dai tanti attori della provincia mantovana? Teatro Sociale. Si sta parlando di un altro “pezzo di comunità” che sta nel cuore del capoluogo e della provincia, sul quale è dunque utile ragionare, al di là del vincolo privatistico che lo governa. Lo testimonia la sua individuazione quale teatro di tradizione che obbliga ad un percorso di qualità nelle rappresentazioni ed un processo di ideazione costante. Quanto sta emergendo non sembra andare incontro a queste esigenze, non solo dovute in termini normativi ma anche da una storia che descrive un profilo di grande spessore col quale dobbiamo misurarci. Sono tre storie. Naturalmente ve ne sono altre, nel capoluogo e nel lungo giro della provincia mantovana, che probabilmente hanno meno voce ma comunque significato e tradizione. Sappiamo che vi sono anche storie con un lieto fine, frutto di una visione innovativa nella gestione di questo martoriato mondo, quale è quello della cultura e del sapere nel nostro Paese. Sono tre storie che raccontano di una storia più grande. Ecco perché, dentro a questa crisi che porta a stringere la cinghia e a fare economia, vi è anche questo rischio di impoverimento del sapere e dei centri della conoscenza che va affrontato con una forte capacità di innovazione, con passione e con un infinito sforzo di relazione, per ridare prospettiva a tante storie mantovane che varcano da tempo, per qualità e meriti, i confini della nostra provincia e del nostro Paese.
Massimiliano Fontana- Segretario Provinciale PD
Pubblicato sulla Gazzetta di Mantova Domenica 13 febbraio 2012.
Pubblicato sulla Gazzetta di Mantova Domenica 13 febbraio 2012.