Prima di affrontare il giudizio sulla manovra varata dal governo di Mario Monti in pochi giorni (ma la destra e anche molti quotidiani illustri non lo avevano accusato di essere troppo lento? ), è importante ricordare come siamo giunti a questo punto, perché ci siamo arrivati e chi porta su di sé la colpa del disastro. Perché Monti e il suo governo hanno approvato questa manovra davvero pesante. Ma chi ha portato l’Italia nella condizione di dover fare questo sono altri.Basta un breve pro memoria (e che però non va dimenticato, ma riproposto ogni volta) sugli ultimi anni. Il governo Prodi, appena insediato, trova un buco terrificante nei conti pubblici lasciati dal precedente governo Berlusconi. Prodi, Tommaso Padoa Schioppa, Vincenzo Visco e Pier Luigi Bersani presentano una manovra da 30 miliardi di euro, con misure stringenti contro l’evasione fiscale, liberalizzazioni e anche riduzioni di imposta e di contributi (5 miliardi di taglio dei cuneo fiscale, cioè del costo del lavoro per imprese e per i lavoratori). 2007. Altra finanziaria con misure contro l’evasione fiscale, ma contemporaneamente per alleggerire la pressione del fisco sui redditi bassi (via l’Ici per le case dei meno abbienti, sgravi per i figli che studiano fuori sede e così via). Di fronte all’operazione risanamento-rilancio la destra insorge (ricordate le campagne contro il grande fratello del fisco?). Cade il governo Prodi. Nel 2008 la destra vince le elezioni. Il centrosinistra ricorda che c’è la crisi e che le risorse recuperate con il recupero dell’evasione (perché allora c’è stato recupero concreto dell’evasione) vanno impegnate per sostenere la ripresa. Berlusconi le spende per togliere l’Ici sulle case dei più ricchi. Fanno il condono al 4 per cento sugli esportatori di capitali. Si salva l’Alitalia con i soldi pubblici. Vengono cancellate tutte le norme di contrasto all’evasione fiscale e che stavano portando nuove risorse. Viene interrotto lo studio delle spese pubbliche (la spending rewiew). Poi, per tre anni, “Va tutto bene”, “stiamo meglio degli altri”, “La crisi è passeggera”.
Fino a luglio, dopo le elezioni, quando finalmente il governo ammette che la crisi c’è e fa una prima manovra. Mezza finta e tutta rinviata come sacrifici a dopo le elezioni del 2013. Ad agosto, quando i mercati si accorgono che le manovre approvate sono finte, altra manovra imposta questa volta dall’Europa: voci, passi in avanti, ripensamenti, scontri interni, fino all’epilogo. La nuova manovra ha ancora un buco di 20 miliardi di euro per raggiungere quello che Berlusconi e Tremonti hanno promesso da tempo all’Europa: il pareggio di bilancio. Senza questa storia non si capisce perché l’Italia oggi è ad un soffio dal fallimento: l’Italia è a un soffio dal fallimento perché ha un debito enorme e deve continuamente rivolgersi ai mercati per poter rinnovare il proprio debito. Ma ormai non le crede più nessuno. Gli investitori (creditori) non si fidano più. E se l’Italia, che deve rinnovare 200 miliardi di euro di titoli di debito entro aprile, non riesce a ottenere i soldi che le mancano a prezzi ragionevoli si avvita e fallisce. Che cosa significhi il fallimento lo racconta l’Argentina che lo ha vissuto: lo Stato non ha soldi per pagare gli stipendi, le pensioni, i servizi (sanità, trasporti…). Ecco dunque il punto a cui siamo arrivati. Senza contare che siamo così importanti da rischiare di trascinarci dietro l’Europa e l’euro. Memento dunque: Monti è stato chiamato a fare una manovra per evitare il fallimento. Ma il fallimento lo hanno provocato Berlusconi, Bossi, la destra trionfante al governo e l’ideologia eroica dell’uomo ricco, potente, senza regole, che non ha bisogno di cultura, di fatica, di studio per trionfare, perché dotato di forza, di fascino e prepotenza. Ora Berlusconi si tiene in disparte e lascia bruciare Alfano, mentre Bossi si rimette i panni dell’arme per ricostruire chirurgicamente la verginità perduta dalla Lega nelle votazioni delle leggi vergogna, mentre l’Italia andava in declino verso il default.
2. LA MANOVRA E’ SQUILIBRATA. PUR NEI TEMPI STRETTI DOBBIAMO LAVORARE PER MODIFICARLA, PER RENDERLA PIU’ EQUA E PER FARE DAVVERO LA LOTTA ALL’EVASIONE FISCALE.
Il governo di Mario Monti ha presentato la sua manovra. Che sia pesantissima non vi sono dubbi. Che non tutto vada bene non vi sono dubbi (non bisogna dimenticare che Monti risponde a un Parlamento che è ancora quello uscito dalle elezioni del 2008, con la vittoria schiacciante del centrodestra). Tuttavia sono stati anche accolti alcuni dei suggerimenti del Pd (il prelievo sugli scudati per permettere la rivalutazione delle pensioni fino a 900 euro, per esempio, la tracciabilità dei pagamenti). Pur nella ristrettezza dei tempi parlamentari sarà necessario lottare per introdurre altri correttivi. Sul sistema delle pensioni (per esempio, ma non solo, trovando altre risorse per alzare ancora la soglia delle pensioni che godranno della rivalutazione), ma soprattutto sulle norme contro l’evasione, che sono deludenti e troppo marginali. Nell’incontro con Monti il segretario del Pd, Pier Luigi Bersani, ha già presentato le proposte del Pd. Nell’iter parlamentare e nel confronto con il governo si dovrà tentare di fare di più. Quella presentata questa sera dal presidente del consiglio Mario Monti "è una manovra molto dura", ha detto il segretario Pd Pierluigi Bersani intervistato da Fabio Fazio a "Che tempo che fa" ieri sera, aggiungendo che "certamente lavoreremo perché i tratti di equità siano ancora più forti". "Vedo con piacere che il presidente Monti ha accolto una delle nostra proposta che abbiamo avanzato, di far pagare i famosi scudati", ha aggiunto Bersani. "Allargando questo bacino di solidarietà potremmo risolvere qualche altro problema".
3. OGGI RIUNIONI DEI GRUPPI PARLAMENTARI. QUESTA SERA RIUNIONE DEL COORDINAMENTO DEL PD.
Oggi pomeriggio alla Camera si riuniscono i vertici dei gruppi parlamentari del Pd alla Camera e al senato. Questa sera la manovra e la linea del Pd verrà discussa nel corso di una riunione presso il centro del partito dal cosiddetto coordinamento.
4. SETTIMANA CRUCIALE PER LA SALVEZZA DELL’EURO. OGGI INCONTRO SARKOZY MERKEL. GIOVEDI’ DRAGHI RIDUCE ANCORA I TASSI DI INTERESSE DELLA BCE. GIOVEDI’ E VENERDI’ SI RIUNISCONO I CAPI DI STATO E DI GOVERNO PER SALVARE L’EUROPA. IL SEGRETARIO AL TESORO USA GEITHNER INCONTRA MONTI.
Da La Repubblica. Articolo di Federico Rampini. «Dieci giorni per salvare l`euro» aveva detto il commissario europeo Olli Rehn. Ne sono passati cinque. Tra oggi e venerdì, resta una "settimana corta" ma di fuoco, in cui il mondo intero ha gli occhi puntati sull`Europa. La manovra italiana, due vertici (franco-tedesco ed Ecofin), un meeting della Bce che potrebbe tagliare i tassi: è il percorso a ostacoli schiacciato in 120 ore, dove la posta in gioco è altissima. Da Washington a Pechino, da Londra a Brasilia, anche gli attori esterni hanno il fiato sospeso e attendono le mosse dell`eurozona. Barack Obama manda il suo segretario al Tesoro in missione, sapendo che la fragile ripresa americana è appesa anche alla sopravvivenza dell`eurozona. Obama vuole ribadire la sua convinzione agli europei: non si può curare questa crisi solo con l`austerità; manovre fatte di soli tagli precipiterebbero l`intero continente verso una nuova recessione, che a sua volta farebbe risalire deficit e debiti (pubblici e privati). Non è bastato il maxi-intervento concertato tra le due rive dell`Atlantico mercoledì scorso, l`operazione "pompa-dollari" che ha visto impegnate la Federal Reserve, la Bce e altre quattro banche centrali inclusa quella del Giappone. Dopo quell`offensiva delle banche centrali non è svanito il senso di pericolo. Uno dei timori che costringe Obama a inviare di nuovo in missione nel Vecchio continente il segretario al Tesoro americano Tim Geithner al capezzale dell`euro, è proprio lo stato di illiquidità delle banche europee. Secondo quanto risulta al Tesoro Usa, dopo che la Fed ha messo a disposizione credito in dollari a tassi stracciati, ben 350 di quei miliardi sono stati "parcheggiati" dagli istituti di credito europei presso la Bce. E’ un segnale di paura estrema, che rasenta la paralisi: invece di farsi credito tra loro, o meglio ancora di prestare all`economia reale, le banche affidano i loro fondi alla cassaforte infruttifera della Bce, come se fossero alla vigilia di un tracollo. Un altro segnale di allerta è la missione che la direttrice del Fondo monetario internazionale è andata a compiere in America latina... per chiedere aiuto. È il mondo alla rovescia, gli ex bancarottieri trasformatisi in potenziali salvatori. Christine Lagarde ha sondato i governi del Brasile, del Messico e del Perù per la loro disponibilità a partecipare a nuovi" prestiti bilaterali", da attivare se occorresse salvare dal default l`Italia o la Spagna. Sono degli strumenti ancora da inventare, avrebbero il cappello della Bce e del Fmi, consentirebbero di evitare la "multilateralità" tipica del Fondo: vietata dal fatto che l`Amministrazione Obama in campagna elettorale non può far digerire al contribuente americano un suo finanziamento all`eurozona. Alla riapertura dei mercati oggi due eventi dominano l`attenzione: la manovra italiana e il vertice franco-tedesco. E sono già due test difficili da superare. Il termometro della fiducia tra gli investitori globali reagirà a seconda di quanto appaia solido il consenso verso il governo Monti. D`altra parte i mercati attendono dal dialogo tra Angela Merkel e Nicolas Sarkozy le prove tangibili di un`intesa vera. Il patto dovrebbe includere l`unione fiscale che Il segretario al Tesoro Tim Geithner piace alla Germania, con le sanzioni automatiche ai paesi che sforano sul deficit; e qualche forma di via libera agli eurobond o a interventi più vasti della Bce (quanto meno a salvataggio degli istituti di credito, possibilmente anche sul mercato dei titoli pubblici). Gli osservatori angloamericani o cinesi non sono allenati a cogliere tutte le sfumature
dell`eurodiplomazia: dovranno accettare che l`intesa Merkozy resti almeno in parte implicita, sia per non irritare gli altri partner mettendoli di fronte al fatto compiuto, sia per non invadere il campo di autonomia della Bce. Anche per questo è importante la missione di Geithner. Il segretario al Tesoro fungerà da "interprete" per decifrare la settimana europea a Obama ed anche a Wall Street. Nel frattempo Christine Lagarde continuerà a sondare Bric e dintorni per misurare quanti capitali i paesi emergenti sono disposti a investire nei salvataggi dell`eurozona. La Cina, che a sua volta sta correndo ai ripari per il rallentamento della sua crescita, è la chiave di volta: ma Pechino aspetta a esporsi perché vuol capire quanto investirebbe la Germania nei nuovi strumenti "bilaterali" targati Fmi. Se non si fidano i tedeschi, sarà difficile attirare i cinesi. Giovedì la Bce farà sapere se taglia i tassi, o vara eventuali nuovi interventi a sostegno del sistema creditizio. E venerdì si chiude l`Ecofin. Nella versione più virtuosa la settimana avrà inizio con un via libera per le misure di Monti, si chiuderà all`insegna di una svolta interventista della Bce e con la benedizione Ecofin al patto franco-tedesco: unione fiscale, sanzioni automatiche, in cambio di una solidarietà verso gli Stati a rischio. Qualsiasi incidente di percorso rispetto a questo tracciato virtuoso, potrebbe gettare i mercati nello sconforto, e non solo loro”.